Un nuovo modello industriale che parte dall’energia rinnovabile
In un contesto segnato da instabilità geopolitica e pressione sui costi di produzione, l’energia rinnovabile rappresenta una leva strategica per rilanciare la competitività industriale italiana ed europea e, allo stesso tempo, garantire la sicurezza degli approvvigionamenti.
Le fonti rinnovabili rappresentano oggi la chiave per rendere il sistema produttivo più resiliente, per abbattere i costi energetici che penalizzano le imprese europee rispetto ai competitor globali e per creare valore economico lungo tutta la catena: dagli investimenti alle esportazioni, fino all’occupazione qualificata.
In questi termini si esprime anche la Banca d’Italia, la quale ha esposto alcune considerazioni in relazione al “Patto per l’industria pulita” della Commissione europea, in una recente audizione presso la Camera dei deputati.
Per la Banca d’Italia , puntare con decisione su un modello energetico decarbonizzato significa dare impulso a crescita, innovazione e autonomia strategica. Un’opportunità che l’Italia, con la sua esperienza industriale e la crescente capacità di generazione da rinnovabili, è in condizioni ideali per poter cogliere.
La sfida della decarbonizzazione
Decarbonizzare il nostro sistema economico e produttivo è una sfida complessa che richiede un approccio sistemico e programmatico di politica industriale, aperto ad una pluralità di tecnologie e focalizzato sulla costruzione nel tempo di un mix energetico che massimizzi la competitività del sistema Paese, la sicurezza energetica e la sostenibilità ambientale. Il tutto, contenendo il costo complessivo dell’energia pagato dai clienti finali e sostenuto dal Paese sia in termini di costi di produzione sia di oneri di sistema e costo delle reti che, ad oggi (ma ancor più a tendere), rappresentano una parte rilevante del costo della bolletta elettrica.
La sfida principale è, dunque, risolvere il cosiddetto “trilemma energetico”, inteso come incessante ricerca di quel fragile e prezioso equilibrio tra disponibilità fisica, competitività economica e sostenibilità ambientale delle forniture.
Negli ultimi dieci anni, l’industria italiana ha comunque dimostrato di saper affrontare la transizione verso un modello produttivo più efficiente. Tra il 2013 e il 2023, il valore aggiunto del comparto manifatturiero è aumentato del 7%, mentre la sua intensità energetica – cioè il rapporto tra consumi energetici e output prodotto – si è ridotta di quasi un quinto.
Un dato che conferma come le imprese italiane abbiano già intrapreso un percorso virtuoso verso una maggiore efficienza, anche senza rinunciare alla crescita.
È fondamentale tenere il passo
Restano delle criticità: l’elevato costo dell’energia è uno dei principali ostacoli alla competitività dell’industria europea. In media, le imprese manifatturiere europee pagano l’energia elettrica più del doppio rispetto ai loro concorrenti negli Stati Uniti e in Cina (dati Commissione Europea – DG Energia e International Energy Agency). Questa differenza non solo aumenta i costi di produzione, ma spinge le aziende a delocalizzare, rallentando la reindustrializzazione del Continente.Tra le cause principali vi è la dipendenza dalle importazioni di combustibili tradizionali (427 miliardi di euro nel 2023, pari al 2,5% del PIL UE), la volatilità dei mercati internazionali, la frammentazione delle reti e la tassazione.
Il divario nei costi energetici tra Europa e Stati Uniti non pesa solo sulla competitività del sistema economico europeo – come ha affermato più volte l’ex presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi – ma anche sulla capacità di innovare e di restare al passo con lo sviluppo tecnologico, inclusa l’implementazione dell’intelligenza artificiale (la cui crescita è strettamente legata a una domanda di elettricità dei data center destinata a salire del 70% entro il 2030 in Europa).
FER come leva strategica per la competitività e la sicurezza energetica
Le rinnovabili possono quindi invertire questa tendenza: più capacità rinnovabile significa meno ore in cui il gas è la tecnologia marginale — quindi meno volatilità e prezzi più bassi per tutta la rete: i dati relativi al 2024 dimostrano come nelle ore in cui solare ed eolico hanno fissato il prezzo sul mercato, il Prezzo Unico Nazionale (PUN) è sceso da una media di 108,52 €/MWh a 76,94 €/MWh (fonte Relazione su prezzi e costi dell’energia in Europa – TEHA).
La stessa Commissione Europea afferma come il potenziamento delle rinnovabili ed il miglioramento delle interconnessioni elettriche sia cruciale per contenere i costi energetici e favorire una concorrenza più equilibrata con i principali competitor a livello globale.
Le rinnovabili, inoltre, svolgono un ruolo strategico nel ridurre la dipendenza dell’Italia dalle importazioni di energia – aumentando la sicurezza energetica e riducendo la vulnerabilità del sistema rispetto a shock esterni.
Sotto questo profilo, è utile precisare come nel 2023 il nostro Paese abbia registrato una dipendenza energetica netta pari al 74,6%, in calo rispetto al 79,2% del 2022, grazie anche alla crescita della produzione interna da fonti rinnovabili. La capacità installata da fotovoltaico ha superato i 40 GW, contribuendo in modo significativo alla progressiva diversificazione del mix energetico ed alla sicurezza degli approvvigionamenti. Tuttavia, il fabbisogno nazionale di gas naturale è coperto ancora per circa il 96% tramite importazioni, evidenziando la necessità di accelerare l’espansione delle rinnovabili per rafforzare l’autonomia e la resilienza del sistema energetico nazionale.
L’incremento della capacità FER contribuisce così non solo alla decarbonizzazione, ma anche alla stabilità macroeconomica del Paese, riducendo la volatilità dei prezzi e la vulnerabilità geopolitica.
Investimenti a sostegno della stabilità economico-finanziaria dello Stato
Gli Stati devono dunque continuare ad investire nella decarbonizzazione delle proprie economie: i sostegni pubblici alla produzione di energia da fonti rinnovabili rappresentano una strategia vincente per gli Stati, non solo sul piano ambientale ma anche su quello finanziario. Secondo il Rapporto OCSE “Economic Surveys: Italy 2024”, politiche ambientali incentivanti — tra cui il supporto normativo e fiscale alle fonti rinnovabili — favoriscono la riduzione della dipendenza dalle importazioni, rafforzano la sicurezza energetica e stimolano investimenti privati con effetti positivi sul gettito fiscale, sull’occupazione e sull’economia domestica complessiva.
Anche Elettricità Futura, in questi anni, ha sottolineato come strumenti come il DM FER X facilitino l’ingresso dei grandi produttori rinnovabili attraverso procedure semplificate e tariffe adeguate, contribuendo a diminuire la volatilità dei prezzi all’ingrosso — riducendo le ore in cui il gas domina il prezzo marginale — dunque alleggerendo il peso dei sussidi e dei costi per l’erario nazionale.
Emerge, tuttavia, un chiaro sbilanciamento: circa il 70% delle misure è orientato al lato dell’offerta, segnale di un forte impegno del legislatore nello sviluppo di tecnologie, infrastrutture e capacità produttiva. Segnala, però, una minore attenzione alla costruzione di una domanda aggregata forte, stabile e in grado di garantire continuità e traiettorie di crescita al mercato delle tecnologie e dei prodotti decarbonizzati.
Non parliamo, quindi, solo di un vantaggio per le imprese fruitrici di FER, ma di un vantaggio strategico del sistema-Paese in termini di politiche economiche: le misure di sostegno alla produzione/consumo di FER attraggono grandi investimenti produttivi in Italia, promuovendo la creazione di filiere occupazionali (dalle costruzioni alla manutenzione agli operatori logistici), generando ritorni economici netti superiori alla spesa iniziale. In questo quadro, le aziende produttrici di energia rinnovabile non sono solo beneficiarie, ma veri e propri volani dello sviluppo pubblico e industriale.
Un’opportunità da cogliere subito
Il futuro industriale dell’Europa passa per una rete elettrica decarbonizzata, interconnessa e resiliente.La decarbonizzazione resta quindi la strada più solida per rafforzare la sicurezza energetica e lo sviluppo industriale, ma richiede un’accelerazione negli investimenti, anche privati, su reti, interconnessioni e fonti a basse emissioni. Ogni ritardo nell’adozione delle rinnovabili rischia di ampliare il divario con le economie globali più dinamiche. È invece il momento di accelerare, rimuovere le barriere normative, semplificare i permessi, favorire i contratti a lungo termine (PPA), e costruire un quadro normativo stabile che attragga capitale privato e investimenti per la transizione energetica.
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